Sembra una storia infinita, un incubo da cui non si riesce a venir fuori, un anatema del destino di fronte al quale non abbiamo soluzioni. Anni, anzi decenni, stanziamenti ultramilionari, leggi, regole, monitoraggi… e poi? Nulla, a ogni crisi metereologica, il disastro, da qualche parte in Italia in modalità random, si ripete. E tutti li a rammaricarsi e a chiedersi perché e percome e cosa si sarebbe potuto fare prima di più e meglio.
Domande nel vuoto, senza possibilità di risposte plausibili. L’unica vera verità è che la Natura ha il suo modo di operare che non contempla le voglie inconciliabili degli umani. Le montagne sono fatte per sciogliersi sotto la pioggia, i fiumi per portare a valle detriti e acqua, le coste per svolgere il ruolo di terre di transizione, un po’ argine un po’ margine flessibile e fluttuante tra acque e suolo. E’ l’uomo che con la sua protervia ed arroganza intende piazzarsi dappertutto senza fare il benché minimo sforzo di ricordare se in un dato punto, qualche evento avverso, anche centinaia o migliaia di anni primi, è accaduto. I tempi geologici hanno scale temporali abissalmente diverse da quella umana. Ma già da qualche tempo, l’uomo sa studiare e risalire a cosa è accaduto in un determinato luogo anche in ere lontanissime. Quindi nessuno può dire oggi, “non sapevo”. Si sa, e come se si sa. Il problema è far capire la differenza tra rischio e previsione del rischio. Del secondo, ovvero quando l’evento accadrà esattamente, non siamo ancora in grado di dirlo; ma per il primo abbiamo certezze. Prima o poi, secondo i tempi della Natura, quindi geologici, quel fenomeno si ripeterà, domani, fra cento, mille anni, ma si ripeterà. Il rischio idrogeologico come quello sismico, in Italia, è un patrimonio scientifico ben consolidato e che ha portato a produrre strumenti di conoscenza di primo livello. Le aree a rischio sono puntualmente identificate e le relative mappe sono patrimonio di tutti ed anche ben in vista in tanti strumenti normativi.
Strumenti che dovrebbero essere ben impressi nella mente di tutti coloro che appartengono professionalmente alla filiera “immobiliare”: dai notai che si occupano degli strumenti legali di trasferimento delle proprietà; alle banche che trasferiscono il denaro per i pagamenti; ai progettisti che definiscono forme e caratteristiche dei manufatti; ai tecnici delle varie amministrazioni che debbono rilasciare permessi e autorizzazioni.
Nemmeno la malavita organizzata (mafia, ‘ndrangheta, camorra, ecc.) può fare a meno di almeno un passaggio tra gli attori di questa filiera. La riprova è la legge sui sequestri e confisca dei beni frutto di attività mafiosa. Un meccanismo ben rodato che avrebbe molto da insegnare. Basterebbe un’estensione concettuale di questa legge e certamente non tutti ma gran parte degli abusi non avrebbero più modo di realizzarsi.
Ogni qual volta un notaio trasferisce una proprietà inclusa in area a rischio, un progettista presenta un’istanza di nulla osta per una costruzione in un’area mappata come pericolosa, un comune autorizza una licenza edilizia di nuova costruzione o sanatoria, per immobili allocati in una zona prescritta per legge nazionale o regionale, dovrebbe immediatamente scattare un controllo automatico e ogni azione dovrebbe essere invalidata e sterilizzata. Ma soprattutto, tutte le figure coinvolte che per caratteristiche professionali non possono dire di non sapere o ignorare, essere pesantemente sanzionate. Basterebbe prevedere la radiazione dall’albo per quei notai conniventi o per quei tecnici che tentano la furbata, così come il licenziamento in tronco per i funzionari che attestano o consentono di fatto un reato (falso in atto pubblico).
Gli Ambientalisti Liberal sono per le catene di responsabilità oneste e trasparenti. Siamo forse gli unici?
Matteo Guccione, Maggio 2021