Michela Dammicco 28 Luglio 2021 Sostenibilità
Acqua e Rifiuti: la chiave di un nuovo ambientalismo
La tutela dell’ambiente è interesse di tutti. L’azione di gruppi organizzati è quindi meritevole, purché non sfoci in un settarismo dogmatico, un ambientalismo antiscientifico e di facciata.
Il 19 luglio si è svolto a Milano presso il Grattacielo Pirelli il convegno “Acqua e Rifiuti: due risorse da valorizzare in modo nuovo”.
La premessa da cui partire è che l’ambiente è strettamente legato alle attività produttive. Si può fare attività produttiva tenendo da conto l’ambiente e senza avere un approccio ideologico. La principale difficoltà era e rimane trovare una sintesi tra un ambiente più tutelato senza distruggere economia e posti di lavoro.
Negli anni si sono sollevate importanti tematiche, quali la proliferazione delle armi nucleari e l’uso dell’energia nucleare negli anni Sessanta e Settanta, le piogge acide negli anni Ottanta, il buco nell’ozono e la deforestazione negli anni Novanta e adesso il cambiamento climatico, il riscaldamento globale e lo smaltimento dei rifiuti.
Silvano Vinceti, Presidente del Movimento degli Ambientalisti Liberal è fermamente convinto che ci possa essere un’alternativa a questo ambientalismo che fino ad oggi ha governato il dibattito politico nazionale e internazionale. C’è bisogno di sviluppo sostenibile e di un ambiente pulito. Tuttavia, attualmente ambientalismo ed ecologia sostanzialmente vivono una battaglia tra due fronti contrapposti. Da un lato ci sono i negazionisti che di fronte agli oggettivi cambiamenti ambientali, negano l’evidenza, dall’altro c’è chi invece vuole “l’ambiente come un museo“. Il Delta del Po, ad esempio, è un ecosistema molto delicato e a volte non approcciare questi sistemi vuol dire non prendersene cura, provocando tanti danni quanto un intervento invasivo dell’uomo. Lo sviluppo sostenibile di cui si parla oggi, ovvero sostenibilità basata su una sostenibilità ambientale economica e sociale, ha dimenticato sempre di più un altro elemento importante: il territorio, ovvero l’insieme di cultura, tradizioni e ambiente che permette alla sostenibilità di non essere una sostenibilità esclusivamente in mano alla finanza o di chi fa di questa parola un business ma permette di calare la sostenibilità sul territorio, quello che viviamo tutti i giorni e che quindi consente di ricollegare il tema dell’ambiente a quello dell’uomo che abita quel territorio.
C’è differenza tra l’utopia astratta e un progetto concreto che avverte nel divenire della storia di questi due elementi, acqua e rifiuti, lo sbocciare del nuovo. “Noi siamo all’interno di questo processo”, prosegue Vinceti. E’ un cambiamento che va contro i Verdi ecomarxisti o Verdi radicali e contro il pensiero del protocomunista Jean Jaques Rousseau: “la natura non si tocca”. Oggi ci sono dei segnali nella nostra società che non sono tanto il lancio del Recovery Fund, ma un processo molto più ampio che attraversa le imprese economiche e ognuno di noi: mentalità, costume, sentimento. E’ un processo in cui l’ambiente cessa di essere identificato come la semplice salvaguardia della natura, ma ne fa parte attiva e strutturale: diventa elemento di competitività, di innovazione, di marketing, di utilizzo di nuove tecniche e tecnologie. E’ la nascita di un nuovo paradigma, non più retorico, conservatore, negazionista, tipico di un certo mondo Verde che aveva contrapposto l’ambiente all’impresa, brutta e sporca. Tipico di un pensiero dominante ben radicato nelle Istituzioni e nelle compagini politiche, di sinistra di destra e di centro, dove chiunque non si conformi a questa visione è un reprobo da condannare. E’ la fine dell’ecomarxismo. Finalmente l’impresa è il luogo di incontro di ambiente e sviluppo, l’impresa può fare profitto senza inquinare. Anzi, riesce persino abbassare l’impatto ambientale.
Oggi noi siamo qui ad offrire un percorso con il sostegno di esperti che al tempo sono stati isolati, messi all’angolo. Due sono i semplici principi: un ambientalismo laico liberale dove non c’è scienza buona o scienza cattiva, ma solo soluzioni scientifiche, e tecnologie capaci di ridurre l’impatto ambientale e capaci di creare sviluppo economico. Lo sviluppo sostenibile non si può ridurre al vecchio rapporto impresa da una parte e ambiente dall’ altro.
Nello scenario appena disegnato qual è il percorso che un nuovo centro destra e la città di Milano possono intraprendere per portare a casa il patrimonio di conoscenze tecnico scientifiche e trasformarlo in politiche ambientali? Gianmarco Senna, Presidente della Commissione Attività Produttive di Regione Lombardia, ha le idee chiare: “Nel centrodestra sembra quasi che ci sia un timore ad affrontare questo argomento. La Germania per anni ha promosso politiche di esportazione e crescita senza curarsi del territorio e il risultato è quanto successo un paio di settimane fa. C’è una differenza nell’approccio. In Germania l’essere verdi non è un concetto solo ed esclusivamente di sinistra. In Italia questo è qualcosa di inconcepibile. Il tessuto imprenditoriale è fortemente ecologista e questo va colto dalla destra come una fortissima opportunità. Le capacità dell’eccezionalità dei nostri piccoli e medi imprenditori di stare sul mercato è data anche dai loro investimenti sull’energia per stare sul mercato (investimenti nell’efficienza energetica), punto fondamentale del loro conto economico. Da una parte quindi c’è l’elettorato di riferimento della destra che ci è già arrivato all’ambientalismo e la politica che non ha ancora capito che quello spazio è da occupare perché ha paura di ragionare in prospettiva, ha paura di proporre delle scelte perché ha paura di perdere consensi, quando l’imprenditore queste scelte le ha già fatte. Dobbiamo solo fare in modo che chi fa impresa abbia tutte le opportunità per far sì che questa transizione sia il più veloce possibile”.
Tommaso Piccinno, responsabile rifiuti del Comitato Scientifico del Movimento degli Ambientalisti Liberal concorda sul fatto che i rifiuti siano un tema molto delicato in politica. C’è chi vuol far finta che non esistano e chi invece ha presente che i rifiuti ci sono e che, se trattati con le dovute tecnologie, possono in realtà diventare input di nuove produzioni offrendo ricchezza ed energia, sia per i rifiuti civili che per quelli industriali. Certo, l’argomento è molto complesso perché gli attori che intervengono nella gestione dei rifiuti sono tantissimi. E certe volte portano degli interessi che non sono sempre trasparenti. In realtà, prosegue Piccinno, la gestione dei rifiuti non sarebbe così complessa se fosse impostata su criteri più razionali e con l’utilizzo delle migliori tecnologie disponibili, che già esistono, o lo sviluppo di nuove. La Germania ha un atteggiamento estremamente pragmatico nella gestione dei rifiuti: i rifiuti prodotti vengono per quanto possibile raccolti in modo differenziato e recuperati, il resto viene quasi totalmente bruciato e in discarica va l’1%. Tutti i paesi dell’Europa del Nord hanno più o meno gli stessi numeri. In Italia invece non si sostiene in modo adeguato la raccolta differenziata e nemmeno l’incenerimento, in quanto considerato una tecnologia nociva per l’ambiente. E poi, non si sa come, balziamo agli onori delle cronache quando i nostri rifiuti si accumulano per le strade delle città. Un esempio lampante è Roma, dove la classe politica locale afferma che i rifiuti non esistono, ma che sono solo delle materie che devono essere recuperate. E, dato che devono essere recuperate non si possono fare gli impianti di discarica e incenerimento perché ridurrebbero la spinta verso il recupero. La stessa cosa è successa a Napoli una decina di anni fa. L’ambientalismo che ci ha inculcato determinati pensieri soprattutto nella parte elettorale, inveendo durante le elezioni contro qualsiasi tipo di attività, ha frenato l’espansione degli impianti e la gestione razionale.
Raffele Cattaneo, Assessore all’ambiente di Regione Lombardia, parla invece di situazioni di eccellenza nel riciclo dei rifiuti per Regione Lombardia. Lo scenario di produzione di rifiuti urbani pro capite annuo al 2020 è stato raggiunto (453 kg/ab/a) e la raccolta differenziata ha raggiunto delle percentuali molto alte ed è in continuo aumento. La Lombardia ha un’alta autosufficienza impiantistica regionale per i rifiuti urbani indifferenziati e ha abbondantemente superato l’obiettivo al 2020 di recupero del 70% di rifiuti inerti. Tuttavia si devono migliorare e rafforzare ulteriormente le politiche di prevenzione della produzione dei rifiuti potenziando la raccolta differenziata con mirate campagne di promozione e più efficienti modalità di raccolta nelle province (Pavia e Sondrio) che non hanno ancora raggiunto gli obiettivi regionali. Sarà inoltre importante sviluppare nuove tecnologie di riciclo della plastica, promuovendo anche l’eco-design, e favorire l’accesso agli impianti di termovalorizzazione lombardi per i rifiuti speciali prodotti in ambito regionale, valorizzare le imprese che decidano di trattare internamente il materiale che altrimenti si avvierebbe verso il percorso per diventare rifiuto. Punti fondamentali sono anche il minimizzare ulteriormente i fabbisogni di discarica soprattutto attraverso la piena valorizzazione energetica, e favorire la realizzazione di impianti innovativi di recupero e/o smaltimento realizzati all’interno di insediamenti industriali esistenti, al fine di chiudere il ciclo produttivo dell’insediamento. E’ positivo sapere che molti dei materiali plastici raccolti nella differenziata hanno alte capacità di riciclo e, in futuro, questa capacità aumenterà ancora grazie alla chimica dei materiali. Inoltre la plastica usata conserva se non la sua forma e il suo valore d’uso, buona parte del contenuto energetico del petrolio da cui è nata: è un ottimo combustibile per termocombustori capaci di produrre elettricità e acqua calda (economia circolare). “Plastic free”, conclude Cattaneo, è in realtà uno slogan antiscientifico, solamente emotivo. Svolge la funzione di allontanare i sensi di colpa. Un placebo per anime metropolitane sempre pronte a digitare sui loro telefonini di plastica lo slogan del giorno.
Altro elemento di primaria importanza è l’acqua. Antonio Moretti, responsabile per acque e dissesto idrico del movimento degli Ambientalisti Liberal, parla di acqua come elemento vitale che rappresenta un bene sempre più prezioso che potrebbe esaurirsi. Molti di noi non se ne rendono conto perché viviamo in uno dei Paesi con le più abbondanti riserve idriche. Anzi, spesso ne sprechiamo ogni giorno litri e litri: i prelievi di acqua potabile per ogni Italiano si aggirano intorno ai 428 litri giornalieri mentre il consumo pro-capite è di ben 220 litri al giorno per persona. Con la crescita dell’economia, negli anni a venire la domanda di acqua dolce continuerà a essere superiore all’ offerta. Saranno pertanto necessari notevoli investimenti nelle infrastrutture idriche, che creeranno eccellenti opportunità d’investimento a lungo termine.
Simona Amore, coordinatrice del progetto Siamo Milano dell’Associazione Tra il Dire e il Fare, aggiunge che la gestione idrica e dei rifiuti è un tema vecchio quanto il mondo ed è essenziale per la vita di tutti. La domanda di acqua potabile e servizi igienico-sanitari è costante, ed è necessario migliorare la capacità di gestire i rifiuti prodotti da popolazioni sempre più numerose, ricche e urbanizzate. L’urbanizzazione e il miglioramento degli standard di vita si tradurranno in un maggiore utilizzo pro capite di acqua. Trovare l’equilibrio tra la domanda e l’offerta di acqua sarà un processo difficile. L’outsourcing della gestione operativa delle infrastrutture idriche si sta affermando come una valida soluzione per assicurare che le risorse idriche mondiali vengano gestite in modo efficiente. Si creano pertanto nuove opportunità sostenibili per le aziende che forniscono soluzioni, dalle infrastrutture e distribuzione, alla raccolta e trattamento delle acque reflue. Da oggi al 2030 dovranno essere spesi oltre 1 trilione di dollari ogni anno per la realizzazione di un’efficace infrastruttura idrica a livello globale. La FAO ha stimato che entro il 2050 la quantità di acqua a disposizione di ogni singolo individuo scenderà del 73%: questo è un dato allarmante, se consideriamo l’importanza di questo bene per l’intera nostra esistenza. Gli investimenti sulla gestione di acqua e rifiuti sono guidati da mega-trend di lungo periodo, in grado di generare rendimenti nel lungo termine. I gestori specializzati propongono società che operano con elevati standard di sostenibilità e obiettivi ESG, cosa che garantisce maggior protezione dei capitali e un miglioramento progressivo dei rendimenti. Questo è un campo di investimento resiliente e si crede che possa produrre prestazioni eccezionali nei prossimi decenni: “Non esiste un’economia senz’acqua, non esiste economia sostenibile senza una gestione dei rifiuti”.
Ci aspetta dunque un lavoro di grande responsabilità affinché tecnologia, infrastrutture, aziende, popolazione, territorio e ambiente trovino un giusto equilibrio. Un equilibrio costruito sulla sostenibilità vera, ambientale e socio-economica, e non su di un ambientalismo troppo spesso di facciata, di parola o di penna.